In Sicilia verande e tettoie possono essere realizzate senza alcuna autorizzazione, ma solo se si utilizzano determinati materiali. Con la sentenza 275/2020, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana ha spiegato il concetto di precarietà delle opere. Come si legge su www.edilportale.com, i giudici hanno spiegato in primo luogo che l’articolo 20 della LR 4/2003 è in vigore anche dopo il recepimento del Testo Unico dell’Edilizia (Dpr 380/201) da parte della Regione. A questa premessa hanno aggiunto che, limitatamente alla Regione Siciliana, le chiusure di terrazze” e verande, di superficie inferiore a 50 metri quadri, non necessitano di autorizzazione o di concessione purché “precarie”.
Sul concetto di precarietà, hanno chiarito che “sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione”. La valutazione sulla precarietà dell’opera viene quindi condotta sulla base dei metodi e dei materiali utilizzati nella realizzazione delle opere. Il criterio della funzionalità inerente la natura duratura o no, delle esigenze che le opere devono soddisfare, esula dall’articolo 20 della LR 4/2003.
Non è rilevante, sostengono i giudici siciliani, neanche la presenza di stabili ancoraggi al suolo. Difficilmente, spiegano, una tettoia potrebbe essere considerata sicura se non stabilmente ancorata al suolo. Precarietà, quindi, vuol dire facile rimovibilità e non anche stagionalità o temporaneità. Non è precaria, ad esempio, un’opera realizzata con strutture in muratura o in laterizi, ancorate definitivamente mediante l’uso di leganti cementizi o derivati, che per essere smontate o rimosse presuppongono un’attività demolitoria di carattere distruttivo. Negli altri casi, una struttura utilizzata, anche stabilmente, può essere considerata precaria e non richiedere alcun permesso per la realizzazione.