In particolare la Consulta ha chiarito che:
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la normativa sui beni culturali e paesaggistici – ossia il Codice contenuto nel D.lgs. 42/2004 – non prevede un divieto a priori di compiere interventi sugli immobili soggetti a vincolo;
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gli interventi sui beni vincolati sono infatti consentiti, a condizione che siano compatibili con il valore culturale e paesaggistico del bene e tale compatibilità è accertata in sede di autorizzazione (culturale o paesaggistica, rilasciate rispettivamente ai sensi degli artt. 22 e 146 del D.lgs. 42/2004);
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l’autorizzazione delle amministrazioni competenti è lo strumento centrale volto al controllo della compatibilità degli interventi sul bene tutelato con il valore culturale, storico o paesaggistico espresso dallo stesso, e il relativo procedimento è la sede deputata al connesso bilanciamento degli interessi che insistono sul bene vincolato.
Le indicazioni fornite dalla Corte vanno a supporto della necessità di “non ingessare le città”, ma di trasformale per adeguarle alle nuove esigenze sociali ed ambientali. A tal fine occorre scongiurare quel meccanismo di regole normative che stanno determinando solo un “non fare” con conseguenze negative in termini di rigenerazione dei tessuti urbani e di contenimento del consumo di suolo.
523-Sentenza 29_2021 Corte Costituzionale.pdfApri